Il cluster di casi di meningite da meningococco di tipo C, nel basso Sebino, sta diventando il banco di prova della medicina del territorio, che si dimostra sempre di più un luogo critico per la sfida alle emergenze di sanità pubblica, dalla cronicità all’acuzie di malattie infettive. Quest’ultima, al di là dell’episodio attuale, rappresenta una potenzialità rispetto alla quale tenere alta la guardia con le strategie vaccinali e la prevenzione dell’antibiotico resistenza.
In realtà la risposta alla “potenziale” emergenza e, comunque, all’allarme della popolazione c’è stata, soprattutto per la grande disponibilità degli operatori sanitari, in primo luogo i medici di medicina generale e i medici di sanità pubblica. Nonostante il periodo festivo e il lavoro aggiuntivo legato all’inizio dell'epidemia influenzale, la disponibilità è stata infatti immediata ed ostacoli formali e burocratici sono stati superati con l’impegno di tutti, compreso quello di qualche collega pensionato che si è offerto spontaneamente di collaborare.
Le code e i disagi delle persone per vaccinarsi vanno messe in conto e forse sono state motivate più dalla comprensibile paura di un’oscura minaccia - nonostante l’immediata e corretta informazione - che dalla reale necessità di avere il vaccino "subito ed ora”.
La profilassi vaccinale richiede almeno 8-10 giorni per essere efficace e la protezione diventa massima a un mese.
E' difficile però far comprendere questo concetto in un mondo che passa, da un giorno all’altro, dai deliri no vax alla corsa ai vaccini, a seconda di come si diffondono le notizie sui social.
Tutto questo deve riportare l’attenzione sul potenziamento della rete dei servizi di prevenzione e di sanità pubblica e sulle strategie vaccinali e sul loro obbligo.
La rete della medicina di famiglia deve essere potenziata non solo per la gestione della cronicità, la razionalizzazione della spesa, l’appropriatezza, ma per l’evidente necessità di garantire piccole strutture operative sul territorio in grado di erogare assistenza e diagnosi di primo livello, intervenire sui dubbi dei cittadini, garantire una corretta informazione sui temi della salute e della prevenzione, attività di cui spesso chi programma la sanità rischia di dimenticarsi.
Come sarebbe stata la risposta a questa situazione se nel basso Sebino, oltre alla disponibilità e alla buona volontà dei medici, ci fossero stati studi medici realmente dotati di personale infermieristico e anche (per quanto riguarda gli aspetti organizzativi e l’inevitabile burocrazia) amministrativo?
Forse lo slogan per il futuro dovrebbe essere: non solo cronicità.
Dott. Guido MarinonI
Presidente Omceo Bergamo