Siamo a Natale, è il momento degli auguri. E oggi, in questo mondo dilaniato dalle guerre e dalla violenza, deve essere soprattutto il momento della speranza.
Siamo a fine anno, è anche il tempo dei bilanci e delle prospettive di una professione che, nonostante tutto, continuiamo ad amare.
Una professione che sconta tutti i limiti del periodo cui viviamo: individualismo, solitudine pur in tempi di connessione costante, omologazione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, di ciò che è vero e non è vero.
Siamo liberi di parlare, spesso di gridare e di poterlo fare sempre più forte, ma poi, nella realtà, la partecipazione politica è largamente assente e i centri decisionali diventano sempre più distanti e sempre meno definiti e riconoscibili, nel vuoto degli interlocutori.
Eppure noi ci siamo e stiamo conducendo una battaglia (non del tutto compresa dai cittadini) a difesa del servizio sanitario nazionale.
La professione si è attribuita una dimensione etica, che viene, prima ancora che dalla deontologia che si è data, da una cultura secolare, quella secondo cui il medico si fa carico della tutela della salute, una cultura connaturata nella nostra formazione e nelle nostre scelte di vita.
Siamo una lobby etica, che sta resistendo.
Nonostante la diminuita riconoscibilità sociale della professione, nonostante una scarsa tutela giuridica che ci espone sotto il profilo penale, nonostante carichi di lavoro tra i più alti tra i paesi europei e una retribuzione tra le più basse, nonostante una gestione della sanità affidata alla politica che non la interpreta in chiave partecipativa, ma come strumento economico di gestione del potere.
Nonostante tutto continuiamo a difendere il servizio sanitario nazionale e i nostri pazienti, a scapito delle opportunità che ci offrirebbe un mercato libero, ma non equo.
E ne siamo orgogliosi.
Oggi la sfida non è quella di garantire le eccellenze che dovremmo rivendicare più al merito della professione che a quello della politica, ma di garantire l’ordinario e il quotidiano, che i cittadini reclamano come un diritto, spesso inesigibile, finendo per sfogare sul medico la loro giusta insoddisfazione.
La sfida è quella di garantire la prevenzione primaria anche individuale, in un sistema che mette al primo posto le prestazioni e non gli stili di vita.
La sfida è quella di trasferire l’appropriatezza agli atti e ai comportamenti professionali, dandole un senso diverso da quello attualmente imposto da burocrazia e vincoli economici in un contesto di medicina amministrata.
E noi continuiamo a provarci, con la speranza che il Nuovo Anno veda concretizzarsi qualche sogno.
Come la depenalizzazione dell’atto medico. Difficile pensare a riforme sostanziali che richiederebbero tempi lunghi e procedure complesse, ma si potrebbe mettere a regime lo scudo penale previsto nel periodo pandemico.
O come l’adeguamento delle retribuzioni, che ci riporti nella media europea, rinnovando contratti e convenzioni con risorse adeguate, possibilmente svincolate dai limiti del pubblico impiego.
E ancora una gestione delle nomine ai vertici delle Aziende Sanitarie fatta per competenze e non per adesione a correnti politiche.
E poi la riforma dei percorsi formativi che riconosca, nei medici in formazione post laurea, dei professionisti da valorizzare nell’attività assistenziale, non relegandoli al ruolo dei perenni studenti.
Dovrebbe essere riconosciuto il ruolo manageriale dei medici che decidono di dedicarsi alla gestione e all’organizzazione del sistema, ma andrebbe valorizzato il ruolo, diverso, dei “professional”, evidenziandone autonomia e responsabilità e palesandone la riconoscibilità sociale.
Gli adempimenti amministrativi, sul territorio come in ospedale, dovrebbero essere a carico del personale amministrativo, appunto. E non del medico che in questo modo viene identificato dagli assistiti come il soggetto che nega i diritti, reali o presunti che siano, sia per la fornitura dei farmaci che per le liste di attesa.
Che dire del sistema informatico? Andrebbe garantito a medici e cittadini un sistema efficiente, non frammentato ed user friendly, finalizzato al servizio e non al controllo burocratico.
La lista dei sogni potrebbe continuare... Speriamo che qualcuno finalmente si avveri.
Da parte nostra, nel 2024, ci metteremo l’impegno per arrivare ad una definizione del nuovo Codice di Deontologia Medica. Quello attuale è del 2014, meno di 10 anni fa, ma nel frattempo è cambiato il mondo e le sfide della tecnologia e della bioetica ci pongono davanti a nuove frontiere che dobbiamo essere in grado di percorrere.
E, nel frattempo, auguriamo a te e ai tuoi cari un Felice Natale e un meraviglioso Anno Nuovo.
Guido Marinoni
Presidente Omceo Bergamo