PREVENIRE IL MAL DI SCHIENA
(a cura di Gianpiero Cassina)

Il mal di schiena rappresenta la malattia più diffusa nei Paesi industrializzati ed è correlato al contesto sociale, economico ed allo stile di vita, intrecciandosi con quello personale e culturale. In tutto il mondo tale condizione rappresenta la principale causa di anni vissuti con disabilità ed è, in Europa, la principale ragione di ricorso alla visita presso gli ambulatori di medicina generale e la causa più frequente di assenza dal lavoro¹ con rilevanti conseguenze per la spesa sanitaria ed importante incidenza sul PIL
A livello globale il totale degli anni vissuti con disabilità causata dal mal di schiena è cresciuta del 54% dal 1990 al 2015, principalmente a causa dell'aumento della popolazione e dell'invecchiamento, con il maggiore aumento nei paesi a basso e medio reddito³.
Oltre il 95% dei pazienti ha una causa meccanica alla base del dolore lombare (muscoli, legamenti, periostio, fasce, faccette articolari, dischi intervertebrali, radici nervose spinali artrosi interapofisaria posteriore). In circa l’1% la causa non è meccanica (tumore, infezione, flogosi, aneurisma aortico, eccetera) e nel 2% il dolore è di origine viscerale con irradiazione al rachide lombare o espressione di manifestazione di malattia sistemica: queste cause non meccaniche di MDS devono essere escluse prima possibile³.
In genere, più del 90% dei pazienti con dolore lombare acuto migliora spontaneamente entro 30 giorni, per cui non sono raccomandati accertamenti strumentali prima di 4-6 settimane³. Al massimo nel 15% dei casi è possibile identificare una causa definita di dolore lombare. Solo per l’8% dei casi si tratta di ernia del disco4. Va sottolineato che le ernie discali sono presenti in soggetti asintomatici con un’incidenza oscillante dal 20% al 40%, per le ernie contenute, e dall’1% al 18% per quelle espulse5.
Una piccola percentuale dei pazienti con dolore lombare acuto va incontro al dolore lombare cronico, la cui prevalenza nella popolazione pur in un’ampia variabilità nella stima6-8 rimane elevata con un valore medio intorno al 13%, in continua crescita e più alta nelle fasce d'età lavorative. Il mal di schiena invalidante è collegato a status socioeconomico, soddisfazione lavorativa e livello salariale². Se ne stima un costo unitario tra 70006 e 90009 euro tra costi diretti e indiretti per cui si comprende l’importante incidenza sulla spesa sanitaria e sul PIL. Si tratta di un enorme problema sanitario che dovrebbe impegnare importanti risorse per azioni di prevenzione finora insufficienti10.
In particolare la discopatia degenerativa può essere correlata alla presenza di uno o più fattori di rischio: attività lavorative che comportano movimentazione manuale di carichi e/o vibrazioni trasmesse al corpo intero, attività lavorative con posture fisse prolungate per l’intero turno di lavoro (specie se non corrette), attività lavorative che comportano flesso-estensioni estreme frequenti (specie in torsione), posture scorrette prolungate, guida di veicoli a motore prolungata e frequente, vita sedentaria, obesità. Anche la scarsa qualità del sonno notturno, l’ansia e lo stress possono essere causa di mal di schiena. Rappresentano condizioni di ipersuscettibilità insieme a condizioni acquisite (scoliosi, cifosi, lordosi sacrale della colonna11-15 e dismetrie degli arti) i fattori genetici16-18. Ci sono diverse categorie di geni che contribuiscono alla degenerazione discale a seconda del ruolo che rivestono nella struttura del disco, più importanti quelli che presiedono al metabolismo degli aggrecani che regolano l’idratazione del disco. La degenerazione discale è il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali.
Le ricerche a livello internazionale vanno nella direzione di una sempre maggiore “demedicalizzazione” del mal di schiena, sottolineando l’importanza della prevenzione.
L’educazione sanitaria su meccanismi, cause, prognosi e storia naturale della lombalgia così come sui benefici dell'attività fisica e dell'esercizio fisico assume particolare rilevanza. Le prove attuali suggeriscono che l'esercizio fisico da solo o in combinazione con l'istruzione è efficace per prevenire il mal di schiena19-21. Particolare importanza viene attribuita a campagne di informazione di genitori e studenti in ambito scolastico22-26.
In particolare, per quanto riguarda la movimentazione manuale di carichi, assumono particolare rilevanza le modalità con cui viene eseguita: quando si solleva un oggetto pesante da terra la presa deve essere eseguita possibilmente con il palmo delle mani, mantenendo le gambe piegate e divaricate, la schiena diritta, il tronco eretto, senza torsioni, in modo che lo sforzo sia sopportato prevalentemente dai muscoli delle gambe. Il movimento deve essere graduale e il peso sollevato deve essere tenuto accostato il più possibile al corpo. L’unità funzionale disco-vertebrale, infatti, ha un comportamento analogo alle leve fisiche di 1°grado, di cui rappresenta il fulcro: un sollevamento scorretto di 20 kg (schiena flessa, ginocchia diritte e carico distante dal corpo) comporta una compressione dei dischi intervertebrali anche superiore a 650 kg, dell’ordine del carico di rottura del nucleo discale che si colloca tra 450 e 800 Kg.

Movimentazione carichi

Di particolare rilevanza il capitolo relativo a ernia discale e lavoro.
L’ernia discale del tratto lombo-sacrale è patologia tabellata sotto le seguenti voci:
• Lavorazioni di movimentazione manuale dei carichi svolte, in modo abituale e sistematico, in assenza di ausili efficaci
• Lavorazioni, svolte in modo abituale e sistematico, con macchine che espongono all'azione delle vibrazioni trasmesse al corpo intero.
Il termine abituale va inteso nel senso che si ripete con regolarità nel turno di lavoro e il termine sistematico va inteso intrinseco alla mansione come definito dalla Corte di Cassazione.
Le categorie più esposte a rischio sono rappresentate dai lavoratori del settore edile e dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria.
Tale patologia è ampiamente sotto denunciata. Di frequente la giustificazione della mancata denuncia o del mancato riconoscimento da parte dell’INAIL è rappresentata dal fatto che la misura dell’indice di sollevamento riportata nel Documento di Valutazione dei Rischi aziendale è inferiore all’unità.
Sul punto è importante sottolineare che tutti gli studi, volti a valutare la predittività di tali indici nei confronti della patologia discale lombo-sacrale, concludono che nessuno dei metodi oggi in uso, per valutare l’intensità del fattore di rischio, possiede sufficienti caratteristiche di validità e riproducibilità nella stima del rischio. Più precisamente si ritiene che i metodi di valutazione del rischio oggi disponibili consentano di individuare accuratamente le situazioni nelle quali il rischio può essere considerato estremamente elevato o, al contrario, virtualmente assente. La maggior parte degli studi di correlazione tra gli indici di sollevamento e effetti sulla salute ha usato come esito la lombalgia e/o esiti non comparabili tra diversi studi26-28. I dati necessari a costruire una affidabile curva dose-effetto per i fattori di rischio biomeccanico non sono disponibili, per cui i limiti di esposizione proposti per i diversi fattori vanno interpretati con grande cautela.
La spiegazione va trovata nella arbitrarietà dei presupposti teorici, nella estrema variabilità della misura, che richiederebbe tra l’altro come pre-requisito della rilevazione modalità di sollevamento ideale quasi mai osservabile nella normalità condizioni di lavoro, nella variabilità individuale della suscettibilità al fattore di rischio.
Risulta pertanto di particolare importanza l’impegno oltre che dei Medici Competenti anche dei Medici di Medicina Generale e degli Specialisti in Ortopedia e Neurochirurgia nel denunciare tale patologia all’INAIL o inviare ai Patronati i pazienti affetti da lesioni discali in sede lombo-sacrale, se impiegati in attività che comportano o abbiano comportato movimentazione manuale di carichi.


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