L'IMPRONTA CARBONICA DEI SERVIZI CARDIOLOGICI:
CURARE MEGLIO I PAZIENTI E SALVARE IL PIANETA
(a cura di Antonio Bonaldi
con la collaborazione di Luca Bontempi, cardiologo, Asst Bergamo Est, e Bruno Passaretti cardiologo, Humanitas-Gavazzeni e Castelli)

 

Le malattie cardiovascolari rappresentano in Italia la principale causa di morte e di malattia.

La loro gestione implica un ingente consumo di energia, di materiali e dispositivi medici monouso e conseguentemente la produzione di una grande quantità di rifiuti, specie di plastica. Non sorprende, quindi, che la gestione delle malattie cardiovascolari rappresenti una tra le più rilevanti fonti di emissione di gas clima-alteranti. Basti pensare che una singola procedura come l’ablazione transcatetere per la cura della fibrillazione atriale produce circa 77 Kg di CO2e, pari alle emissioni giornaliere complessive di 5,2 cittadini italiani (1).

Che cosa possiamo fare?
Ci sono molti modi diversi per ridurre l’impronta carbonica dei servizi cardiologici e la buona notizia è che la loro applicazione non comporta alcun sacrificio per il paziente, anzi, oltre a ridurre i costi spesso contribuisce a migliorare la qualità e la sicurezza delle cure. I vari interventi possono essere ricondotti entro 5 ambiti di intervento.

Dieta e attività fisica: diete ricche di vegetali e un’attività fisica moderata sono associate ad una significativa riduzione dell’incidenza e della mortalità cardiovascolare, ma contribuiscono contemporaneamente alla riduzione delle emissioni di CO2 e al miglioramento della qualità dell’aria. Basti pensare che gli allevamenti intensivi (quelli bovini in particolare) generano da soli il 18% della CO2, il 37% del metano e il 65% dell’ossido nitroso e che diminuendo di un terzo i viaggi in macchina potremmo ridurre del 25% l’inquinamento atmosferico. Ma anche smettendo di fumare ne conseguirebbero importanti benefici sia individuali che ambientali. I medici dovrebbero quindi includere di routine, nell’ambito delle loro visite, raccomandazioni riguardanti l’alimentazione, l’attività fisica(7) e il fumo di sigaretta.

Appropriatezza prescrittiva: la letteratura scientifica sul sovrautilizzo di test diagnostici e di trattamenti terapeutici è molto ampia. In cardiologia ricordiamo, per esempio, la richiesta di routine dell’ECG ai pazienti in buona salute per interventi di chirurgia minore o intermedia(2). Oppure il trattamento della cardiopatia ischemica stabile con angioplastica anziché con terapia medica (farmaci, alimentazione e attività fisica) con la quale si ottengono risultati clinici sovrapponibili ma con un notevole risparmio di risorse e di fastidi per il paziente(3). Indicazioni utili, anche in ambito cardiologico, per evitare o ridurre pratiche mediche non appropriate si possono trovare nel progetto Choosing Wisely Italy(4).

• Diagnostica per immagini: quando le informazioni cliniche fornite dalle diverse tecniche diagnostiche sono simili è bene iniziare dall’esame con il minor livello di emissioni, rispettivamente: ecografia, TAC e RM. Le indagini ecocardiografiche hanno, infatti, un impatto ambientale di gran lunga inferiore a quello di una RM: dallo 0,5 al 2% (in relazione al contesto di utilizzo), rispetto a quanto inquina la risonanza(5).

Cardiochirurgia e cardiologia interventistica: grandi benefici per l’ambiente garantendo l’efficacia e la sicurezza degli interventi si possono ottenere applicando quanto già riportato nella Pillola n.8 sulle sale operatorie. Per quanto riguarda la cardiologia ricordiamo che l’80% dell’impronta carbonica degli aghi transettali utilizzati per l’ablazione cardiaca è dovuto al materiale d’imballaggio e che l’EU e numerose Società scientifiche si sono espresse in favore del ricondizionamento dei dispositivi medici monouso, compresi i cateteri per le procedure elettrofisiologiche. Il ricondizionamento, infatti, benché tuttora illegale in Italia, potrebbe conseguire rilevanti vantaggi economici, ambientali e strategici(6).

Telemedicina: il controllo da remoto di pacemakers, defibrillatori e altri dispositivi medici impiantabili, insieme alla possibilità di ricorrere al consulto specialistico telefonico possono contribuire a ridurre le emissioni associate ai viaggi dei pazienti, degli accompagnatori e del personale sanitario.

Conclusioni
Come abbiamo visto le occasioni per ridurre l’impronta carbonica dei servizi cardiologici sono tante. Alcune dipendono da decisioni strategiche ma molte altre discendono da comportamenti abituali che siamo disposti a cambiare solo quando acquisiamo la consapevolezza che essi possano incidere sulla nostra salute, che il riscaldamento terrestre è un problema rilevante e che ognuno di noi può contribuire a mitigarne gli effetti dannosi. In questo senso cardiologi e cardiochirurghi, insieme al personale sanitario che lavora con loro, hanno molte opportunità per rendere la loro pratica clinica più “green” migliorando la qualità delle cure: basta pensarci, darsi degli obiettivi e agire di conseguenza.

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1. Ditac G, et al: Carbon footprint of atrial fibrillation catheter ablation. Europace 2023 25, 331-340.
2. National Institute for Health and Care Excellence. Routine preoperative tests for elective surgery NICE guideline. Apr 2016. www.nice.org.uk/guidance/ng45.
3. Maron DJ et al: Initial Invasive or Conservative Strategy for Stable Coronary Disease. N Engl J Med 2020; 382:1395-407.
4. Choosing Wisely Italy: https://choosingwiselyitaly.org
5. Marwick TH, Buonocore J. Environmental impact of cardiac imaging tests for the diagnosis of coronary artery disease. Heart 2011; 97:1128–31.
6. Sacher F et al: Position paper on sustainability in cardiac pacing and electrophysiology from the Working Group of Cardiac Pacing and Electrophysiology of the French Society of Cardiology. Archives of Cardiovascular Disease 117 (2024) 224–231. 
7. Passaretti B: prevenzione per l’uomo, riabilitazione per il pianeta: un invito all’azione per i medici. G Ital Cardiol 2021; 22(6):452-455.