COME RIDURRE L'IMPRONTA CARBONICA DELLA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
(a cura di Antonio Bonaldi)

 

Un recente studio australiano ha calcolato le emissioni medie di CO2 associate al “Ciclo di vita” (estrazione delle materie prime, logistica, trasporti, energia, materiali di consumo, rifiuti), di 4 comuni prestazioni diagnostiche: Risonanza Magnetica (RM), Tomografia Computerizzata (TC), radiografia del torace e ecografia, mettendo in evidenza importanti differenze tra i diversi esami. I risultati, per essere più facilmente compresi, sono stati poi espressi come km percorsi da un’auto per emettere la stessa quantità di CO2: 145 km per una RM, 76 per una TC, 6 per una radiografia del torace e 4 per un’ecografia (1).

Considerato che ogni anno per il SSN si effettuano oltre 53 milioni di prestazioni di diagnostica per immagini (2) e che complessivamente potrebbero essere più di 100 milioni, appare subito evidente l’enorme quantità di CO2 emessa da queste prestazioni e di conseguenza quanto sia importante utilizzarle in modo appropriato, anche perché perseguendo questo obiettivo non solo si salvaguardia l’ambiente ma si migliora pure la qualità delle cure.

Gli esami radiologici, è inutile dirlo, sono uno strumento fondamentale per il medico, ma si stima che il 21% delle RM, il 40% delle TC, il 44% delle radiografie e il 56% delle indagini ecografiche non siano giustificate sul piano clinico. Pertanto, contenere il numero degli esami inutili è il modo migliore per ridurre l’impronta ecologica di questo tipo di attività (3).

A questo riguardo le opportunità sono tantissime, in ogni ambito specialistico. Per saperne di più si può consultare il progetto Choosing Wisely Italy, lanciato in Italia da Slow Medicine nel 2012, dove diverse società scientifiche, tra le quali la Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica, segnalano decine di indagini radiologiche ad alto rischio di inappropriatezza e formulano specifiche raccomandazioni per un loro utilizzo più accorto, come, per esempio: non richiedere di routine esami di diagnostica per immagini in caso di lombalgia senza segni di allarme o non eseguire di routine la RM del ginocchio in caso di dolore acuto da trauma o di dolore cronico (4).

Inoltre, per ridurre l’impatto ambientale dei materiali utilizzati per gli accertamenti, specie quelli di radiologia interventistica si dovrebbe ricorrere preferibilmente a prodotti riutilizzabili (dispositivi medici, camici, teli) ed il personale dovrebbe essere adeguatamente educato a raccogliere i rifiuti in modo differenziato: una pratica ecologica che può ridurre fino al 90% i rifiuti da incenerire (5).

Insomma, data l’enorme quantità di accertamenti di diagnostica per immagini eseguiti in Italia, una riduzione, anche lieve, del loro impiego, insieme ad un utilizzo più oculato dei materiali potrebbe conseguire cospicui risultati positivi non solo per l’ambiente ma anche per i costi, le liste d’attesa, l’esposizione alle radiazioni ionizzanti e soprattutto per la salute delle persone.

In questo senso i medici hanno una grande responsabilità, tenuto conto che l’esame più “green”, è quello non richiesto perché inappropriato.

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1. McAlister et al: The carbon footprint of hospital diagnostic imaging in Australia; Lancet Regional Health Western Pacific 2022.
2. Ministero della salute - Annuario statistico del SSN 2021.
3. Walther F et al: Measuring appropriateness of diagnostic imaging: a scoping review. Insights into Imaging 2023 14:62.
4. Choosing Wisely Italy: raccomandazioni relative alla diagnostica per immagini.
5. Shum et al: Sustainability in interventional radiology: are we doing enough to save the environment? CVIR Endovascular (2022) 5:60.